Contrariamente a quanto si pensa, la crisi che sta attraversando il nordafrica non è dovuta a regimi particolarmente sanguinari e corrotti, ma alla gestione finanziaria delle risorse primarie da parte delle nazioni del cosiddetto "occidente".
Cominciamo facendo un passo indietro di quasi 6 anni. Nel (poco) lontano biennio 2005/2006 alcune banche e finanziarie americane si rendono conto di avere per le mani una bomba ad orologeria.
La bolla speculativa immobiliare, infatti, ha portato ad elevare il prezzo delle case a valori fuori dal comune e i mutui concessi senza opportune garanzie potrebbero diventare a breve una perdita secca.
L'idea è semplice e diabolica: vendere i numerosissimi crediti a rischio in modo che nessuno se ne accorga. Ecco allora che i mutui "subprime" sono inseriti in prodotti finanziari e rivenduti ad altre banche che poi li hanno rifilati a ignari clienti sparsi per il mondo.
Nel frattempo aumentavano le morosità tra i debitori ma non vi erano campanelli d'allarme anche perché i primi interessi dovevano essere riscossi dai clienti a metà 2007.
A metà 2007 arriva come un turbine la crisi: non vi sono pagamenti di interessi per quei prodotti finanziari con mutui "subprime", anzi non c'è più neanche il capitale.
La perdita secca di molte banche è tale da portarle al fallimento, infatti nel periodo 2007-2009 si registrerà una lunghissima serie di chiusure.
Inoltre nelle economie mondiali si registrerà una mancanza di liquidità: praticamente si sono spostate ingenti somme di denaro a proprietari immobiliari che non reinvestono il denaro guadagnato: è l'inizio della depressione.
Con la depressione si innescano due effetti di medio termine particolarmente nefasti per le economie di mezzo mondo, in particolare per quelle più dipendenti dalle importazioni.
In primis il crollo (prevedibile e previsto) della produzione in tutti i settori, ivi compreso l'agricoltura.
In secondo luogo lo spostamento degli investimenti in beni rifugio: materie prime e le cosiddette "commodities", beni e servizi molto sicuri: energia, metalli preziosi, prodotti agricoli.
Queste due concause portano su i prezzi delle materie prime.
Però mentre per alcune di esse quali il petrolio e il gas c'è stato un bilanciamento dovuto proprio alla minore richiesta causata dalla recessione (ad esempio la centrale elettrica di Sparanise da un paio d'anni funziona al 50% a causa di una minore richiesta dovuta a tutte le fabbriche chiuse), per il grano e prodotti agricoli il prezzo è salito alle stelle.
L'IGC (International Grain Council) ha registrato da metà novembre 2010 a metà febbraio 2011 un aumento di prezzo dell'esportazione grano di circa 100 US$ (da 285 US$ a 375 US$: circa il 35%).
Tale situazione, con la contemporanea stabilità del prezzo del petrolio, sta mettendo in ginocchio proprio le nazioni che più di tutte hanno bisogno di derrate alimentari straniere, ovvero le nazioni africane, anche quelle produttrici di oro nero. Non si esclude un effetto "domino" simile in altre nazioni del medio oriente.
Risultato: nell'Africa sub-sahariana è aumentata l'indigenza, sta crescendo il numero di morti per fame, in nordafrica, crescono forti le tensioni etniche e sociali.
La questione è che diversi analisti avevano già previsto uno scenario simile, ma i governi occidentali di fronte ad una futura ecatombe, piuttosto che intervenire sulla produzione, se ne sono colpevolmente infischiati.
Non solo, oggi le nazioni occidentali stanno cercando di approfittare di questo scenario sperando di mettere le mani su una nazione ricca di greggio e gas come la Libia.
La crisi libica, a ben guardare, è un concentrato di combinazioni sospette.
La crisi comincia tra il 15 e il 16 febbraio a Bengasi.
Il 17 c'è l'appello su facebook alla mobilitazione ma quello stesso giorno è guerriglia, i rivoltosi combattono contro le truppe governative con armi da guerra.
Cominciamo facendo un passo indietro di quasi 6 anni. Nel (poco) lontano biennio 2005/2006 alcune banche e finanziarie americane si rendono conto di avere per le mani una bomba ad orologeria.
La bolla speculativa immobiliare, infatti, ha portato ad elevare il prezzo delle case a valori fuori dal comune e i mutui concessi senza opportune garanzie potrebbero diventare a breve una perdita secca.
L'idea è semplice e diabolica: vendere i numerosissimi crediti a rischio in modo che nessuno se ne accorga. Ecco allora che i mutui "subprime" sono inseriti in prodotti finanziari e rivenduti ad altre banche che poi li hanno rifilati a ignari clienti sparsi per il mondo.
Nel frattempo aumentavano le morosità tra i debitori ma non vi erano campanelli d'allarme anche perché i primi interessi dovevano essere riscossi dai clienti a metà 2007.
A metà 2007 arriva come un turbine la crisi: non vi sono pagamenti di interessi per quei prodotti finanziari con mutui "subprime", anzi non c'è più neanche il capitale.
La perdita secca di molte banche è tale da portarle al fallimento, infatti nel periodo 2007-2009 si registrerà una lunghissima serie di chiusure.
Inoltre nelle economie mondiali si registrerà una mancanza di liquidità: praticamente si sono spostate ingenti somme di denaro a proprietari immobiliari che non reinvestono il denaro guadagnato: è l'inizio della depressione.
Con la depressione si innescano due effetti di medio termine particolarmente nefasti per le economie di mezzo mondo, in particolare per quelle più dipendenti dalle importazioni.
In primis il crollo (prevedibile e previsto) della produzione in tutti i settori, ivi compreso l'agricoltura.
In secondo luogo lo spostamento degli investimenti in beni rifugio: materie prime e le cosiddette "commodities", beni e servizi molto sicuri: energia, metalli preziosi, prodotti agricoli.
Queste due concause portano su i prezzi delle materie prime.
Però mentre per alcune di esse quali il petrolio e il gas c'è stato un bilanciamento dovuto proprio alla minore richiesta causata dalla recessione (ad esempio la centrale elettrica di Sparanise da un paio d'anni funziona al 50% a causa di una minore richiesta dovuta a tutte le fabbriche chiuse), per il grano e prodotti agricoli il prezzo è salito alle stelle.
L'IGC (International Grain Council) ha registrato da metà novembre 2010 a metà febbraio 2011 un aumento di prezzo dell'esportazione grano di circa 100 US$ (da 285 US$ a 375 US$: circa il 35%).
Tale situazione, con la contemporanea stabilità del prezzo del petrolio, sta mettendo in ginocchio proprio le nazioni che più di tutte hanno bisogno di derrate alimentari straniere, ovvero le nazioni africane, anche quelle produttrici di oro nero. Non si esclude un effetto "domino" simile in altre nazioni del medio oriente.
Risultato: nell'Africa sub-sahariana è aumentata l'indigenza, sta crescendo il numero di morti per fame, in nordafrica, crescono forti le tensioni etniche e sociali.
La questione è che diversi analisti avevano già previsto uno scenario simile, ma i governi occidentali di fronte ad una futura ecatombe, piuttosto che intervenire sulla produzione, se ne sono colpevolmente infischiati.
Non solo, oggi le nazioni occidentali stanno cercando di approfittare di questo scenario sperando di mettere le mani su una nazione ricca di greggio e gas come la Libia.
La crisi libica, a ben guardare, è un concentrato di combinazioni sospette.
La crisi comincia tra il 15 e il 16 febbraio a Bengasi.
Il 17 c'è l'appello su facebook alla mobilitazione ma quello stesso giorno è guerriglia, i rivoltosi combattono contro le truppe governative con armi da guerra.
Come hanno fatto i dimostranti civili a procurarsi quelle armi?
Se la rivolta è spontanea come mai erano così ben organizzati ben prima della repressione?
Inoltre il 25 febbraio, a 10 giorni dalla rivolta, il sito israeliano DEBKAfile, di solito molto attendibile ed informato, riporta che dal 24 a Bengasi erano sbarcati consiglieri e staff militari americani, francesi e britannici per organizzare i rivoltosi.
Se confermata è ben più che una notizia: è la prova che l'occidente sta cercando di prendere Gheddafi alla gola per avere libero accesso ai tesori libici.
Gheddafi non mi sta simpatico, non è certo uno stinco di santo, ma il richiamo al tribunale dell'Aia proprio ora, con la flotta americana al largo di Tripoli e l'insurrezione organizzata dagli "alleati" sembra uno dei soliti coloriti escamotage dei governi statunitensi che cercano futili motivi per poter aggredire una nazione con un capo scomodo. Gheddafi è un criminale di guerra, vero, ma chi cerca il conflitto in Libia contro il colonnello, sarà mai processato per ciò che fa?
Inoltre sembra che ad Obama interessi molto la crisi umanitaria libica, che il governo statunitense contribuisce a peggiorare per i motivi suindicati, ma non interessi affatto la fame che nel resto dell'Africa sta uccidendo milioni di persone e che la politica economica anche statunitense ha causato.
Per il resto è storia nota: tutti i mass-media occidentali parlano già di un crudele dittatore (e probabilmente lo è) e dei bravi marines che sono andati a esportare ancora una volta la democrazia in un paese incivile e ricco di petrolio: la democrazia per il petrolio, vuoi mettere?
Se la rivolta è spontanea come mai erano così ben organizzati ben prima della repressione?
Inoltre il 25 febbraio, a 10 giorni dalla rivolta, il sito israeliano DEBKAfile, di solito molto attendibile ed informato, riporta che dal 24 a Bengasi erano sbarcati consiglieri e staff militari americani, francesi e britannici per organizzare i rivoltosi.
Se confermata è ben più che una notizia: è la prova che l'occidente sta cercando di prendere Gheddafi alla gola per avere libero accesso ai tesori libici.
Gheddafi non mi sta simpatico, non è certo uno stinco di santo, ma il richiamo al tribunale dell'Aia proprio ora, con la flotta americana al largo di Tripoli e l'insurrezione organizzata dagli "alleati" sembra uno dei soliti coloriti escamotage dei governi statunitensi che cercano futili motivi per poter aggredire una nazione con un capo scomodo. Gheddafi è un criminale di guerra, vero, ma chi cerca il conflitto in Libia contro il colonnello, sarà mai processato per ciò che fa?
Inoltre sembra che ad Obama interessi molto la crisi umanitaria libica, che il governo statunitense contribuisce a peggiorare per i motivi suindicati, ma non interessi affatto la fame che nel resto dell'Africa sta uccidendo milioni di persone e che la politica economica anche statunitense ha causato.
Per il resto è storia nota: tutti i mass-media occidentali parlano già di un crudele dittatore (e probabilmente lo è) e dei bravi marines che sono andati a esportare ancora una volta la democrazia in un paese incivile e ricco di petrolio: la democrazia per il petrolio, vuoi mettere?
E noi italiani ci prepariamo ad agganciarci al carro (funebre) dei vincitori.
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