domenica 27 marzo 2011

Fukushima: l'imprevedibilità di un evento previsto!

Dicembre 2007.
Un gruppo di ricercatori, capeggiato da Okamura, il più famoso e importante sismologo giapponese, pubblica un articolo sull'evenienza di un terremoto di magnitudo 8 richter con annesso tsunami nella zona di Miyagi (testo dell'abstract).
Lo studio verte su ricerche e carotaggi nella zona.
All'epoca gli studiosi rilevano che, dai carotaggi, si trova del materiale alluvionale nell'entroterra fino ad una distanza dalla costa pari a 3 km o anche più (nella piana di Ishinomaki).
Ricordo che più è interno il deposito alluvionale tanto più alte sono state le onde che hanno generato il maremoto. Inoltre l'altezza delle onde è direttamente proporzionale all'energia dell'evento che ha innescato lo tsunami.
Traducendo in numeri queste considerazioni, quattro anni fa, Okamura conclude che in quella zona il terremoto prevedibile doveva essere di magnitudo 8.1-8.3 anziché 7.5 come si era creduto fino ad allora.
Questo studio è stato ignorato dalla TEPCO che aveva la centrale di Fukushima i cui impianti erano stati dimensionati per un terremoto pari a 7.5 richter e dagli organi di controllo nipponici, intenti a non dar fastidio alla TEPCO.
Purtroppo Okamura aveva ragione. Credo che negli anni lui abbia sperato di aver sbagliato, ma i suoi calcoli si sono rivelati esatti.
Quando un gruppo di pressione, come quello del nucleare, diventa troppo forte, nemmeno più i poteri di garanzia dello stato funzionano.
Così nascono le tragedie.

venerdì 25 marzo 2011

Il referendum val bene una scampagnata!


Solita tattica del governo sui referendum scomodi: piazzarli in un mese caldo, sperando in belle giornate e la voglia dei bambini di trascinarsi i genitori in lunghe gite.
Per una volta spieghiamo ai ragazzi (e a noi stessi) che i referendum saranno importantissimi per noi e per loro.
Una bella passeggiata per una domenica ci sta bene, ma l'occhio al seggio referendario è d'obbligo!
Che si voti a Torre del Greco (Marilena) o a Formia (Antonio) non bisogna assolutamente mancare, nonostante le difficoltà operative.
I referendum hanno, in questo periodo la priorità, ecco perché su questo blog da oggi saranno ignorate notizie anche interessanti da commentare e sarà dato spazio alle tematiche dei 2 referendum.
Ciò anche perché i mass-media nazionali stanno ricominciando a nicchiare centellinando le notizie nella speranza che non si arrivi al quorum.
Invito tutti i blogger che leggono questo sito a prendere i banner da qui e/o dai siti referendari, piazzarli sui propri blog e fare pubblicità, pubblicità, pubblicità.

mercoledì 16 marzo 2011

150 anni

Sono 150 anni che lo stivale è una nazione,
d'accordo non è nata nel migliore dei modi,
è nata da un sacco al sud e dal
sangue dei "briganti".

E' cresciuta male:
due guerre mondiali, tanti morti,
la vergogna delle leggi razziali
sostenute dai nostri padri e nonni
con l'abominio delle deportazioni.

Si è strutturata peggio:
le lobby che minano la convivenza civile,
la tentazione di limitare la democrazia,
la mancanza di coscienza civica e morale,
le mafie e i veleni nelle nostre terre.

E' arrivata alla frutta,
con un governo di piazzisti e donnine,
lontano dalle esigenze dei cittadini,
intento solo ai giochi di potere, con
un paese allo sbando.

Allora ditemi voi che c'è da festeggiare?

Le istituzioni? Non credo.

La storia? Meglio coprire buona parte di essa.

La nostra generosità? Bah, lasciamo perdere.

Io direi che da festeggiare abbiamo
i tanti milioni di italiani che ogni giorno
lavorano con onestà, lottano con coraggio,
amano la propria terra con passione,
nonostante tutto.

Abbiamo da festeggiare i milioni di italiani
che non si sentono padani o borbonici,
che, nonostante le ingiustizie della storia
dicono: "beh, ormai siamo uniti, vediamo se
riusciamo a combinare qualcosa di buono".

Dobbiamo festeggiare ora e sempre tutti
coloro che partendo da una nazione senza
speranza, con il loro impegno e il loro
sacrificio la migliorano.

Il resto è retorica.

venerdì 4 marzo 2011

Crisi nordafricane: il gioco sporco del civile occidente

Contrariamente a quanto si pensa, la crisi che sta attraversando il nordafrica non è dovuta a regimi particolarmente sanguinari e corrotti, ma alla gestione finanziaria delle risorse primarie da parte delle nazioni del cosiddetto "occidente".
Cominciamo facendo un passo indietro di quasi 6 anni. Nel (poco) lontano biennio 2005/2006 alcune banche e finanziarie americane si rendono conto di avere per le mani una bomba ad orologeria.
La bolla speculativa immobiliare, infatti, ha portato ad elevare il prezzo delle case a valori fuori dal comune e i mutui concessi senza opportune garanzie potrebbero diventare a breve una perdita secca.
L'idea è semplice e diabolica: vendere i numerosissimi crediti a rischio in modo che nessuno se ne accorga. Ecco allora che i mutui "subprime" sono inseriti in prodotti finanziari e rivenduti ad altre banche che poi li hanno rifilati a ignari clienti sparsi per il mondo.
Nel frattempo aumentavano le morosità tra i debitori ma non vi erano campanelli d'allarme anche perché i primi interessi dovevano essere riscossi dai clienti a metà 2007.
A metà 2007 arriva come un turbine la crisi: non vi sono pagamenti di interessi per quei prodotti finanziari con mutui "subprime", anzi non c'è più neanche il capitale.
La perdita secca di molte banche è tale da portarle al fallimento, infatti nel periodo 2007-2009 si registrerà una lunghissima serie di chiusure.
Inoltre nelle economie mondiali si registrerà una mancanza di liquidità: praticamente si sono spostate ingenti somme di denaro a proprietari immobiliari che non reinvestono il denaro guadagnato: è l'inizio della depressione.
Con la depressione si innescano due effetti di medio termine particolarmente nefasti per le economie di mezzo mondo, in particolare per quelle più dipendenti dalle importazioni.
In primis il crollo (prevedibile e previsto) della produzione in tutti i settori, ivi compreso l'agricoltura.
In secondo luogo lo spostamento degli investimenti in beni rifugio: materie prime e le cosiddette "commodities", beni e servizi molto sicuri: energia, metalli preziosi, prodotti agricoli.
Queste due concause portano su i prezzi delle materie prime.
Però mentre per alcune di esse quali il petrolio e il gas c'è stato un bilanciamento dovuto proprio alla minore richiesta causata dalla recessione (ad esempio la centrale elettrica di Sparanise da un paio d'anni funziona al 50% a causa di una minore richiesta dovuta a tutte le fabbriche chiuse), per il grano e prodotti agricoli il prezzo è salito alle stelle.
L'IGC (International Grain Council) ha registrato da metà novembre 2010 a metà febbraio 2011 un aumento di prezzo dell'esportazione grano di circa 100 US$ (da 285 US$ a 375 US$: circa il 35%).
Tale situazione, con la contemporanea stabilità del prezzo del petrolio, sta mettendo in ginocchio proprio le nazioni che più di tutte hanno bisogno di derrate alimentari straniere, ovvero le nazioni africane, anche quelle produttrici di oro nero. Non si esclude un effetto "domino" simile in altre nazioni del medio oriente.
Risultato: nell'Africa sub-sahariana è aumentata l'indigenza, sta crescendo il numero di morti per fame, in nordafrica, crescono forti le tensioni etniche e sociali.
La questione è che diversi analisti avevano già previsto uno scenario simile, ma i governi occidentali di fronte ad una futura ecatombe, piuttosto che intervenire sulla produzione, se ne sono colpevolmente infischiati.
Non solo, oggi le nazioni occidentali stanno cercando di approfittare di questo scenario sperando di mettere le mani su una nazione ricca di greggio e gas come la Libia.
La crisi libica, a ben guardare, è un concentrato di combinazioni sospette.
La crisi comincia tra il 15 e il 16 febbraio a Bengasi.
Il 17 c'è l'appello su facebook alla mobilitazione ma quello stesso giorno è guerriglia, i rivoltosi combattono contro le truppe governative con armi da guerra.
Come hanno fatto i dimostranti civili a procurarsi quelle armi?
Se la rivolta è spontanea come mai erano così ben organizzati ben prima della repressione?
Inoltre il 25 febbraio, a 10 giorni dalla rivolta, il sito israeliano DEBKAfile, di solito molto attendibile ed informato, riporta che dal 24 a Bengasi erano sbarcati consiglieri e staff militari americani, francesi e britannici per organizzare i rivoltosi.
Se confermata è ben più che una notizia: è la prova che l'occidente sta cercando di prendere Gheddafi alla gola per avere libero accesso ai tesori libici.
Gheddafi non mi sta simpatico, non è certo uno stinco di santo, ma il richiamo al tribunale dell'Aia proprio ora, con la flotta americana al largo di Tripoli e l'insurrezione organizzata dagli "alleati" sembra uno dei soliti coloriti escamotage dei governi statunitensi che cercano futili motivi per poter aggredire una nazione con un capo scomodo. Gheddafi è un criminale di guerra, vero, ma chi cerca il conflitto in Libia contro il colonnello, sarà mai processato per ciò che fa?
Inoltre sembra che ad Obama interessi molto la crisi umanitaria libica, che il governo statunitense contribuisce a peggiorare per i motivi suindicati, ma non interessi affatto la fame che nel resto dell'Africa sta uccidendo milioni di persone e che la politica economica anche statunitense ha causato.
Per il resto è storia nota: tutti i mass-media occidentali parlano già di un crudele dittatore (e probabilmente lo è) e dei bravi marines che sono andati a esportare ancora una volta la democrazia in un paese incivile e ricco di petrolio: la democrazia per il petrolio, vuoi mettere?
E noi italiani ci prepariamo ad agganciarci al carro (funebre) dei vincitori.