venerdì 6 agosto 2010

La cultura della pornografia e la pornografia della cultura


In internet dilaga il porno self-made-home. La notizia non è nuova, ma va inquadrata in un mosaico di comportamenti moderni che lascia perplessi, anche in considerazione di altri campanelli d'allarme che provengono dalla società e che non lasciano tranquilli: il riferimento è chiaramente agli omicidi passionali, lo stalking ed altre situazioni di violenza alle quali sono sottoposte perlopiù le donne.
Sono fenomeni collegati? Oppure collegarli è un'operazione da moralisti?
Il problema non è di per sé il fatto che qualcuno voglia per forza mostrare agli altri ciò che fa nella sua sfera intima, piuttosto da dove nasce questa cultura pornografica e dove porta.
Volenti o nolenti siamo costretti ad ammettere che, nell'epoca dei blog, degli iPod, delle pillolette abortive che risolvono ogni “problema”, la cultura porno non è recente, ma ha origini molto antiche: ne sono testimoni i numerosi autori dell'antichità che esaltavano il libertinaggio.
La stessa lingua greca indica come prostitute le pornai, il cui nome deriva dal porné che indica vendere, alienare. La vendita, l'alienazione, è relativa al proprio sesso, al proprio corpo. Questo il significato originario del sesso a pagamento, poi lo si può chiamare in tanti modi coloriti ma il succo non cambia.
Osserviamo però che si vende un oggetto, una prestazione lavorativa, non un corpo.
A meno di non voler considerare le persone come schiavi o peggio come oggetti.
E un oggetto o uno schiavo presuppongono sempre un padrone.
Però noi non facciamo sesso, non ci comportiamo da maschi o femmine.
Noi siamo maschi o femmine.
E il nostro essere non può avere padroni.
Il sesso è così intimamente legato alla persona e alla personalità che la possibilità di considerare il nostro corpo o il corpo dell'altro come un semplice oggetto appare una forte distorsione della realtà.
Quando la cronaca riporta i drammi della gelosia, non riporta altro che un'altra faccia della stessa medaglia: le stesse persone che considerano gli altri utili solo al soddisfacimento del proprio piacere (e che tutti giustificano col classico che male c'è?) reagiscono violentemente quando l'altra parte tronca la storia o quando, pur non essendoci alcuna storia, qualcuno pensa che l'altro sia in “dovere” di rispondere alle proprie attenzioni.
Reazione ovvia, un oggetto o uno schiavo non devono avere volontà: è un diritto del padrone disporre di loro. Non solo: è un diritto anche distruggerli se si ribellano: è la tentazione del potere sugli altri e sulle proprie vite.
Questo passaggio mentale non è, per fortuna, la norma, ma non è neanche frutto di una persona disturbata: questo è un passaggio che può accadere in ognuno di noi se ci lasciamo prendere dal libertinaggio più assoluto che non vede negli altri delle persone con dei sentimenti ma un mero oggetto: la nostra mente potrebbe cominciare a trattare le persone come oggetti, abbassando, di fatto, il senso di colpa per i soprusi commessi anzi giustificandoli.
In altre parole i drammi impropriamente definiti d'amore (più propriamente dovrebbero definirsi di egoismo o di superbia) possono capitare a chiunque, anche in persone sane mentalmente che però entrano nella spirale libertina perversa.
La pornografia della cultura è presente ovunque c'è questo passaggio nel considerare gli uomini oggetti: nei regimi totalitari, nel libertinaggio, nell'economia deviata che pensa solo all'arricchimento portando esseri umani alla fame, nelle guerre...: l'elenco è lungo.
Come evitare ciò? La repressione limita il fenomeno, ma non serve a tanto.
L'unica azione utile che conosca è riprendere i modelli educativi di dialogo, rispetto, condivisione, amore, sesso (perché no? Se diventa espressione di dono e condivisione è stupendo) e fornirli ai giovani perché qualsiasi cosa facciano nel proprio futuro, si ricordino sempre che sono a contatto con altre persone, non con numeri o oggetti.

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