martedì 13 settembre 2011

Trasporti in Campania e a Napoli: tagli o piano di distruzione?

Ci siamo.
Erano previsti, e sono arrivati.
Dopo gli aumenti dei biglietti di primavera, i tagli alle corse delle principali ferrovie di collegamento tra la provincia di Napoli e la città.
Con modalità che lasciano allibiti. Soppresse le prime corse di Circumvesuviana e Cumana, quelle usate, per intenderci, dagli operai e da lavoratori che hanno turni mattinieri. Tagliato il 15% del traffico, inoltre già da qualche mese la Circum ha soppresso i direttissimi da Sorrento (l'unica possibilità di  collegamento con il capoluogo in meno di un'ora). Ma siamo solo all'inizio, il bello è che non si vede ancora la fine, se ci si affaccia nel mondo dei trasporti si vedono solo macerie, e debiti.
Non ci sono soldi, questo il leit-motiv della Regione Campania.
Noi più correttamente diciamo che non ci sono soldi da destinare ai pendolari.
Cerchiamo di capire come si è arrivati a questo e se veramente i tagli sono necessari.
La Circumevesuviana e la Cumana sono sempre state le galline dalle uova d'oro nel panorama del trasporto pubblico campano. L'ampiezza della rete servita da queste due ferrovie, nonché la capillarità delle stazioni, ne fanno delle vere e proprie metropolitane della provincia a nord-ovest (Cumana) e sud-est (Circumvesuviana).
Il problema vero del trasporto pubblico campano è sempre stata la carenza intermodale del capoluogo.
Infatti da piazza Garibaldi e da altre stazioni sul territorio comunale non esiste un vero servizio di bus integrato con la ferrovia che porti i viaggiatori a destinazione.
Chi è fortunato può proseguire con i treni FS o metropolitani, ma molti cittadini conoscono bene gli incubi dell'uso dell'ANM.
Questa carenza penalizza già il trasporto verso il comune partenopeo, ma non è il problema più rilevante.
Il problema maggiore del trasporto campano è il consorzio Unicocampania.
Un consorzio sempre in rosso, un vero buco nero nei bilanci del trasporto pubblico.
L'idea di un biglietto unico per il trasporto regionale è indubbiamente ottima ma ciò prevede una intermodalità nel trasporto che in Campania non esiste.

Non capitava raramente, infatti, di veder partite da piazza Garibaldi alle 8.30-9 di mattina autobus con varie destinazioni completamente vuoti. Inoltre tali destinazioni erano servite già da Trenitalia. Questo è solo un esempio della metamorfosi di una brillante idea in un fiasco colossale pieno di debiti.
Dei consorziati chi pesa di più in termini di debiti è, ancora una volta, l'ANM, e non si capisce (o si capisce molto bene) perché l'azienda di trasporti pubblici di una città da un milione di abitanti debba essere sempre in deficit.
La sovrapposizione di corse inutili, la (poca) logica nel gestire il network dei trasporti nonché un numero spropositato di dipendenti del consorzio (e mi fermo qui perché non riusciamo ad entrare in quel vaso di pandora dei bilanci del consorzio), i buchi da ripianare dell'ANM, hanno portato la gestione del sistema trasporti regionale in rosso.
Non è una novità che già la CTP nel 2010 ha cercato di uscirne. Trenitalia anche.
E non sarebbe una cattiva idea sciogliere Unicocampania e tornare agli abbonamenti delle singole compagnie, permettendo così alla Regione di scrollarsi di un fardello di debiti.
Non sarebbe male lasciar andare l'ANM verso il proprio destino, ovvero non opporsi al corso degli eventi: se l'azienda non è in grado di autosostenersi che chiuda e si lasci la possibilità di fornire il servizio ad altre aziende le quali, probabilmente, per il semplice fatto di far pagare il biglietto al 70% dei napoletani, riuscirebbero ad andare avanti.
Invece quali sono i rimedi alla crisi finanziaria del trasporto campano?
1. si tagliano le corse delle compagnie che rendono di più
2. si penalizza chi paga (spesso con abbonamenti) e chi lavora
3. non si parla minimamente di eliminare quel buco nero che è Unicocampania
4. non si organizza una vera intermodalità del settore trasporti, senza inutili sovrapposizioni e "buchi" di servizio
5. non si interviene per far pagare il biglietto ad una bella fetta di cittadini residenti napoletani
Alcuni degli effetti di tali "provvedimenti" le possiamo subito immaginare.
Aumenterà il traffico veicolare in tutta la regione e in particolare a Napoli, con buona pace della tanto decantata città d'o sole e d'o mare.
Diminuiranno gli introiti derivanti da biglietti ed abbonamenti, contribuendo così a future "strette" sul servizio.
Il tempo perso dai pendolari nel trasporto si rifletterà sulla produttività al lavoro e forse sulla sicurezza.
I simpatici scaldaseggiole del consorzio Unicocampania nonchè dell'ANM resterebbero al loro posto a spillare soldi dai contribuenti campani, alla faccia della tanto decantata quanto poco applicata meritocrazia.
Possibile che alla Regione non abbiano pensato a queste cose? Le sanno bene, eccome.
Sarebbe bello che da palazzo Santa Lucia dicano davvero se la loro idea di gestione della cosa pubblica rispecchia gli interessi collettivi oppure se continuano nella logica della spartizione delle poltrone ad uso politico e della protezione di figliocci nullafacenti anche in pieno tracollo economico della regione.
Intanto dopo i rifiuti, la scuola e la sanità, i trasporti confermano che in Campania, e nel prossimo futuro in tutta Italia, il prezzo della crisi lo pagheranno le classi meno ricche e meno politicizzate, insomma coloro che pagano le tasse non per avere servizi ma per rimpinguare i portafogli di inutili dirigenti delle aziende di trasporto pubblico partenopee: salvaguardare costoro e non i diritti dei cittadini sembra l'urgenza di Caldoro & co. .

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